Riflessioni di una madre e presidente: stiamo costruendo o distruggendo il futuro dei nostri figli?

Oggi voglio condividere un pensiero che nasce dal cuore, non da un laboratorio.
Non sono una scienziata, sono una madre, una donna, e la presidente di un’associazione che ogni giorno incontra famiglie, ascolta storie, raccoglie paure e speranze.
E quello che vedo, con sempre più chiarezza, mi preoccupa profondamente.

Nelle scuole, nei consultori, nei centri diagnostici, stiamo assistendo a un fenomeno che cresce in silenzio: ogni bambino, piano piano, sta diventando una sigla.
DSA, ADHD, DOC, PDD, ASD… e potrei continuare ancora.
Perfino i bambini “normotipici” ormai vengono incasellati: se non hanno un disturbo, allora sono “plusdotati”.
Un’etichetta per tutti, nessuno escluso.

E io mi chiedo: dove sono finiti i nomi, le storie, le anime?
Dove sono finiti Francesco, Chiara, Matteo, Alice?
Stiamo costruendo una società in cui i bambini non sono più persone, ma diagnosi.
E forse, un giorno, arriveremo davvero ad avere scuole per sigle: sezioni per ADHD, aule per DSA, laboratori per ASD… e perderemo la cosa più preziosa: l’unicità.

Certo, la storia della medicina ci insegna che distinguere le diagnosi ha aiutato a capire, a studiare, a intervenire meglio.
Ma oggi quella distinzione è diventata frammentazione, e spesso diciamolo con onestà anche mercato.
Ogni nuova sigla, ogni nuova definizione, apre la porta a nuovi test, nuovi protocolli, nuove terapie, nuove spese.
E in tutto questo, l’essere umano, quello vero, quello che soffre e spera, rischia di sparire.

Ma c’è una domanda che nessuno sembra più farsi: da dove arrivano tutte queste patologie?
Com’è possibile che, nel 2025, con tutta la conoscenza e la tecnologia che abbiamo, i nostri bambini stiano peggio di quelli di 30 anni fa?

La risposta, forse, è davanti ai nostri occhi.
Abbiamo inquinato l’ambiente, sì ma anche le nostre menti, i nostri corpi e i nostri rapporti.
Abbiamo costruito protocolli di cura uguali per tutti, dimenticandoci che nessun essere umano è uguale a un altro.
Abbiamo imparato a sedare il sintomo, ma non più a cercare la causa.
Abbiamo riempito i bambini di schermi, notifiche, stimoli, fino a renderli incapaci di stare nel silenzio, di ascoltare, di annoiarsi, di sentire.
Oggi i ragazzi escono da scuola con il telefono in mano e il vuoto nel cuore.
Sanno tutto di come “fare soldi da casa”, ma non sanno più riconoscere un’emozione, un valore, una passione vera.

E mentre tutto questo accade, la scienza del microbiota ci mostra una strada nuova, rivoluzionaria, umana: quella della cura personalizzata, dell’ascolto del corpo e della mente come un tutt’uno.
Una medicina che non spegne il sintomo, ma ascolta la causa, che non divide, ma integra.
Eppure, pochissimi la guardano.
Perché è più facile seguire un protocollo che ascoltare una persona.

Io non ho la presunzione di dire di avere la verità in mano.
Ma so una cosa: se non ci fermiamo a riflettere adesso, rischiamo di perdere i nostri figli.
Non solo alla malattia, ma a un sistema che li vuole perfetti, produttivi, adattati, etichettati.

Forse è arrivato il momento di ricominciare a fare domande.
Di guardare dentro le famiglie, dentro i bambini, e dentro noi stessi.
Perché il futuro non ce lo costruiranno i protocolli ce lo costruirà la consapevolezza.

So che la vita è frenetica, che ogni genitore corre tra lavoro, casa, impegni.
Ma anche un minuto, un pensiero, una voce che si alza con consapevolezza può fare la differenza.
Noi, come associazione, siamo qui per questo: per dare ai nostri figli un futuro più umano, più sano, più vero.

Perché alla fine, la domanda che dovremmo porci tutti è una sola:
 Che futuro stiamo davvero costruendo per loro?


Laura Venanzi
Presidente Panciando ETS